Frattali in natura, nella creatività, in matematica.

Premessa

a cura di Muse Artiterapie

Un seminario dedicato al rapporto tra matematica ed espressione creativa. Con questa idea abbiamo introdotto un momento di riflessione dopo aver scelto la natura come setting speciale per svolgere l’atelier Muse Artiterapie sull’identità come accoglienza.

La natura vissuta con le emozioni e la natura compresa con la matematica. Al centro della riflessione Caos e Forma come metafora dell’espressione creativa e dell’opera d’arte. Introdurre nel percorso laboratoriale le moderne conoscenze sulle curve frattali (spiegate con un linguaggio semplice) avrebbe aggiunto al gruppo Muse Artiterapie alcuni stimoli di comprensione delle dinamiche di sviluppo ed espressione della natura, dell’essere umano e dell’artista. Questo è un resoconto dell’esperienza che tenta di integrare il punto di vista matematico con quello creativo-espressivo.

L’imitazione della natura è la fonte basilare di ogni artista. La natura offre quella dinamica vitale che gli artisti sanno cogliere con l’intuizione, gli scienziati con la dimostrazione. La natura, alla quale apparteniamo, esprime e contiene caos e struttura: conduce noi tutti a sperimentare lo sguardo esterno della contemplazione e a immergerci nello sguardo interno della individuazione del Sé.

La natura ci insegna a utilizzare la sinestesia (corollario dell’intuizione) – integrare sensazioni ragionevolmente opposte nelle emozioni soggettive – per  cogliere la poetica del vivente e del vissuto. Ciò che percepiamo della natura a livello sensoriale-emotivo è scrivibile nel linguaggio artistico e in quello matematico.  Accogliere la “rottura di simmetria” può avere infatti effetti liberatori sul processo creativo (sbloccare l’eccentricità dallo schema), come integrare la “ricorsività” della forma può produrre un effetto armonico nell’opera.

La natura ci conduce a oscillare tra caos e forma come atteggiamento di vita. Davanti al caos l’espressione creativa non ammette giudizio ma accoglienza. Creando può accadere che il primo contatto con il profondo sia la sensazione di abisso, di vuoto. Può accadere altresì che il vuoto possa aiutare a stabilire i limiti del pieno, come nel disegno. Come il famoso vaso di Rubin, dipende da come vediamo il caos e l’ordine in relazione al vuoto e al pieno.

Abbiamo scelto e sperimentato l’albero perché è la forma vivente più simile all’essere umano nella sua struttura archetipica. Radici, tronco e chioma rappresentano i livelli energetici dello sviluppo spirituale della personalità umana. Il frattale spiega matematicamente questa regola ricorrente nei rami, nel cervello, nello spazio. E’ un modello innovativo che rassicura i creativi perché indica una struttura ricorrente e allo stesso tempo invita a manifestare la rottura della simmetria come possibilità di unicità del segno e di cambiamento dello schema.

La regola del bosco: dalla comprensione all’espressione mediante curve frattali.

di Sandra Lucente

Muse Arteterapie mi invita ad animare un seminario di matematica ispirato agli alberi durante un workshop nei boschi di Volterra (16 Luglio 2016), al quale ho partecipato in prima persona. Mi occupo di Analisi Matematica e in parallelo di divulgazione scientifica, per questo esporrò la mia visione basandomi sulla geometria frattale. Ho scelto come titolo “La regola del bosco: dalla comprensione all’espressione mediante curve frattali”. I partecipanti al laboratorio non sanno che parlerò di matematica, e, a mia insaputa, anch’io mi unisco all’esperienza creativa del gruppo.

Ho lasciato che il mio intervento si preparasse spontaneamente col passare delle settimane. Ho osservato alberi, ho visto con più attenzione foto che mettessero in relazione uomo e foresta, ho raccolto citazioni in cui la natura boschiva diventa metafora.

L’albero e il bosco: simmetria e pattern

La prima fase del laboratorio si svolge nel bosco. Io comincio a raccogliere elementi visivi che mi serviranno nel pomeriggio per spiegare alcuni frattali, gli altri raccolgono immagini analoghe per ispirarsi nel disegno. Come spesso accade la scelta consapevole e quella inconsapevole coincidono. Potrei citare Galileo – “la natura è scritta in linguaggio matematico” – e asserire che nel bosco il linguaggio matematico passa attraverso lo sguardo e anche chi non lo possiede inizia a sillabarlo.

Inizio la conferenza con la seguente citazione di Federico Garcia Lorca:

Gli alberi tessono il vento e le rose lo tingono del loro profumo.

Sono due elementi botanici (alberi e rose) e due elementi intangibili (vento e profumo). Vorrei infatti mostrare come regole matematiche rimandino a elementi psicologici apparentemente non regolari.

La simmetria parte destra-parte sinistra dell’albero, evidente nei disegni infantili, è un’idea rassicurante di bellezza simmetrica. La simmetria radici-rami appare invece in disegni più adulti, come nell’opera di Tobia Ravà, quando sviluppiamo la consapevolezza che radici grandi e profonde sono necessarie per alberi più grandi e rami che vanno più in alto.


Eppure in natura accade la rottura di simmetria. Sia per gli accidenti che possono occorrere all’albero (un fulmine o un ostacolo nella crescita dei rami) sia per determinazione della natura. I ficus magnoloi, ad esempio, trasformano i rami in radici. L’orchidea ci interroga sulla scelta di vivere a radici scoperte.

La crescita richiede omotetia e ricorsività. La sezione dei tronchi degli alberi con i cerchi concentrici sono il più evidente esempio di una figura che si ripete via via in scala maggiore. Lo stesso si ha in un fico d’India con le pale più piccole appoggiate alle pale più grandi. Ci si chiede se sia indifferente in una struttura complessa, ma ricorsiva, essere passo precedente o successivo. Guardando il dipinto di Magritte in cui la foglia stessa è albero, si comprende che l’omotetia basta a rassicurarci sulla grandezza del singolo elemento (foglia) che contiene tutti i segreti dell’elemento complessivo.

Il centro della conferenza è il concetto di pattern. Sebbene i singoli rami sembrino uguali, staccare un ramo da un albero significa far morire tutta la sua storia successiva. Lo stesso dicasi di un processo grafico ricorsivo che viene interrotto. Anche nella narrazione il pattern è fondamentale. La soppressione di un elemento narrativo modifica e blocca tutta la storia successiva. Non a caso l’albero (della vita) è usato dai mosaici antichi a Klimt per raccontare noi stessi. Anche i nostri contesti sociali che ci riducono a singoli pezzi identici in scala diversa, devono prendere atto dell’importanza del singolo senza il quale un intero ramo di collettività collassa. Tutti noi notiamo se nel grafo di un social un amico vicino si disconnette. Allo stesso modo una strada interrotta ci rovinerebbe il viaggio (pur essendo una delle tante strade possibili). È vero che in una foresta di canne di bambù queste sono tutte uguali, appartenente non speciali, ma il fatto che una parte della foresta ci dia l’idea di tutta la distesa è la forza di ogni elemento: ogni ramo non è solo pezzo del bosco. Ogni ramo è un bosco.

Il concetto di frattale e l’imitazione della natura

La seconda parte della conferenza passa dal particolare al generale. Il bosco è disordine e dal confronto di due immagini invernali ed estive, si comprende che il momento generativo è quello del disordine, per questo, prima di accennare alla teoria del caos, ci concediamo un’altra citazione di M. Marchesi:

E adesso procediamo con disordine. Il disordine dà qualche speranza. L’ordine nessuna. Niente è più ordinato del vuoto.

La teoria matematica che cerca la regola del disordine è la teoria dei frattali introdotta nel 1970 da Mandelbrot ma già presente in esempi da millenni nella storia della geometria.

I matematici non hanno tuttora una buona definizione di frattale, ma possiamo dire che:

  • I frattali sono oggetti «in accrescimento» ovvero «in sviluppo».
  • I frattali sono figure da iterare all’infinito.
  • Il frattale è una figura autosimile: una porzione dell’oggetto opportunamente ingrandita è simile all’oggetto intero.
  • Il frattale è la figura limite di un processo quindi l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo sono gli ingredienti cruciali.
  • I frattali possono avere infinite punte (non derivabilità).
  • Ad una figura caotica si assegna un numero (dimensione frattale) che indica la quantità di pieno e vuoto presente in una figura caotica. Questo numero non è detto che sia intero, così può descrivere le sfumatura dal bianco al nero.

Nella natura molti elementi sono approssimazione di frattali: il cavolfiore (albero pitagorico o spugna di Menger), l’albero per disposizione dei rami e per la corteccia (curva di Koch), il fiocco di neve (curva di Koch), le nuvole (spirali, curva di Koch, albero pitagorico), la coda del pavone e i suoi dettagli (alberi frattali e insiemi di Julia), la felce che ha rami come piccole felci, gli stormi di uccelli e la disposizione delle fioriture (insieme di Cantor), il taglio orizzontale delle insalate (curva di Peano), etc…

A tutte queste figure possiamo associare il numero detto dimensione frattale. Ad esempio Leonardo Da Vinci notò che la somma delle aree della sezione trasversale di ogni livello di ramificazione di un certo albero variava a seconda dell’angolo di ramificazione solo del 20 per cento. Questa proprietà viene dimostrata rigorosamente da Cristopher Eloy in un articolo del 2011 in cui si afferma che il modello migliore per resistere alla pressione è quello dell’albero frattale con dimensione frazionaria tra 2 e 3.

I disegni di Munari per illustrare come si disegna un albero, non sono diversi dalle intuizioni leonardesche e dagli studi dei matematici esperti di caos. Tutti siamo esperti di caos, perché costruiamo nidi e anche questi sono frattali. Il nido si costruisce con regole precise (anche se implicite), l’effetto finale è però caotico. Per i nidi ci deve essere caos, questo vale sia per i nidi che costruiamo per ospitare che sia per il nido che costruiamo in cui ci rifugiarci.

Esseri umani e alberi

Ci sono alberi dalle fattezze umane per un ramo che sembra passo di danza o una corteccia come un saggio corpo rugoso. Ci sono parti di noi che sono parti di alberi: abbiamo una chioma in testa e uno stesso analogo frattale come cervello, abbiamo ramificazioni nello scheletro e nei bronchi, la linfa e il sangue ci scorre come negli alberi fino al più sottile capillare. Ma c’è poi il legame tra quello che creiamo e ciò che siamo.

Tony Orrico disegna in contemporanea sul muro con le due mani e quello che ottiene sono chiome o cervelli. Leonardo da Vinci schematizzava sedie a forma di albero e i moderni designer usano decorare le sedie con corone circolari come fossero sezioni degli alberi.
Corone circolari che usiamo nella danza e chiome alberose che appaiono quando ci tuffiamo.

Per spiegare l’analogia tra natura che vediamo, la nostra struttura fisica e la nostra creatività anche matematica, non trovo di meglio che ricercare ancora tra i quadri di Magritte. Lampo è l’opera del pittore belga in cui un vaso in primo piano contiene una trasparenza di chioma fiorita da cui si vede un albero fiorito. Una ricorsività di alberi ricorsivi. Perché l’opera si intitola Lampo? Forse perché il lampo, ovvero il fulmine, è un albero elettrico e l’intuizione dell’artista è anch’essa un albero in cui l’idea si ramifica dal cervello alle mani portando luce o fioritura.

Una storia scorrevole

Ho chiuso la conferenza di Volterra riassumendo il troppo raccontato in una storia di alberi che qui mi piace riproporre.

Alla terra solcata da aratri o scavata dalle piogge, sulle radici di roccia, si abbracciano le radici di un albero che generano rami secondo la stessa regola dei solchi e delle radici. In autunno guardi queste radici nel cielo e ti scivolano addosso le foglie che raccontano la loro appartenenza custodendo ciascuna il disegno di un piccolo albero. Quelli che non perdono le foglie, gli alberi sempreverde, non si mostrano mai nudi e per esser ancora più sicuri decidono di confondersi nelle foreste. Le foreste umane si chiamano comunità e il contatto tra i rami più piccoli, le dita o il tocco di queste su una tastiera dà sicurezza anche se ognuno di noi sa di non essere un sempreverde nonostante un cuore, un cervello e un intestino ramificato. Come possiamo noi elevarci come gli alberi verso la luce? Creando e comprendendo. Il matematico scopre l’algoritmo degli alberi, l’ingegnere copia il meccanismo degli aghi di pino per un impianto solare e l’artista schizza su tela liberamente ottenendo un impreciso disegno di rametti dispersi con una precisa dimensione frattale. Scorre acqua sulla roccia, linfa nelle foglie, sangue nel nostro corpo, emozioni ed idee in una profondità segreta su cui ci radichiamo. A noi e agli alberi non resta che germogliare.

 

Conclusioni

C’è un paese abbandonato in Basilicata e una roccia che non è mai franata, sporgente. Su questa roccia precaria c’è un albero che resiste. Ho trovato tra le immagini frattali di un mio collaboratore una rappresentazione grafica di questa roccia e di quell’albero. L’artista frattale in questione non aveva mai visto la foto di Craco. Come è possibile una tale coincidenza? Quando presento questi argomenti nei licei, gli studenti nell’energia dei loro anni di autodeterminazione cercano argomenti per sfuggire ad una sorta di condanna che la matematica porrebbe alla creatività o all’invenzione. Nessuno, soprattutto a 16 anni vuol sentirsi condannato da una regola. D’altra parte tutte le evidenze della natura portano ad asserire che l’evoluzione è necessaria e irreversibile. Endimione, Titone, Dorian Gray, Peter Pan sono miti. La scelta che ci determina non è se crescere o meno, ma come crescere. Possiamo almeno decidere questo?

L’ultima immagine che offro è l’albero della vita di Klimt, l’evoluzione è individuale e collettiva. Il soggetto non può evolversi se non nello spazio del suo tempo sociale e viceversa un gruppo di individui dipende dalla forma dei suoi soggetti. Una foresta è fatta di certi alberi, determinata da essi ma dà ad ogni albero il suo spazio, influenzandone la crescita.

Dopo quasi un anno dalla conferenza di Muse Arteterapie continuo a guardare gli alberi e gli esseri umani, a cercare di comprendere le regole della crescita per farne matematica e, con più difficoltà, esistenza. Non sento le regole matematiche meno costrittive di certe scelte della natura e della società. Credo invece che ogni sistema di regole richieda una accettazione di assiomi o di spazi e tempi. Persino nelle peggiori situazioni si determinano spazi per la nostra vita. Dopo un anno, se dovessi rifare quella conferenza, chiuderei con De Andrè e gli alberi. Nel sogno di Maria (album La buona Novella) per i sacerdoti è usata la metafora della natura che domina:

e i volti severi divennero pietra
le loro braccia profili di rami
nei gesti immobili d’un altra vita
foglie le mani spine le dita

Per Maria sognante invece la vicinanza non è restrizione di spazi ma abbraccio, la foresta in cui ci si perde è occasione di cercarsi:

poi scivolammo tra valli fiorite
dove all’ulivo si abbraccia la vite
scendemmo là dove il giorno si perde
a cercarsi da solo nascosto tra il verde.

A parte il conforto della matematica bella dinanzi al caos, dopo questo racconto sono ancora più convinta che se sentiamo di essere alberi dobbiamo accettare le regole dell’evoluzione, gli accidenti della foresta e la scommessa di una luce verso cui protendere i nostri rami.